PUBBLICAZIONI
Lo stato di salute
del settore assicurativo
L'esercizio 1999 è stato chiuso con un utile di 3.463 miliardi
di lire (2.287 nel 1998), con un'incidenza dell'utile sui premi
del 2,7% (ciò determinato soprattutto dal buon andamento
dei rami vita).
In particolare nei rami danni (nel mentre per il 1998 si era avuta
una perdita di 71 miliardi e nei rami vita un utile di 2.577,2),
nel 1999 si è registrato un utile di 174 miliardi, mentre
per il vita un utile di 3.289 miliardi.
Il patrimonio netto è stato pari a 60.939 miliardi, con
un incremento dell'11,7% rispetto al 1998 (nel '98, di 56.650 miliardi
con un incremento di circa il 10%, che testimonia mediamente l'alto
grado di affidabilità del settore).
Le riserve tecniche, che rappresentano gli impegni assunti nei
confronti degli assicurati, ammontano a 380.785 miliardi, con un
incremento del 19%.
Le imprese di assicurazione in esercizio sono (al 1998) 252, di
cui 205 aventi sede legali in Italia e 47 rappresentanze di imprese
estere, per la maggior parte (41) comunitarie.
Il primo semestre 1999 è stato considerato "d'oro"
per il settore assicurativo. La raccolta premi complessiva, al 30
giugno scorso, ammontava infatti a 60.578 miliardi di lire, con
un incremento del 31.3% sullo stesso periodo del 1998.
Il risultato netto pari a 2.670,6 miliardi, ha superato addirittura
di quasi il 50% quello messo a segno alla metà dell'esercizio
precedente (quando la crescita era stata del 24,5%).
È quanto emerge dall'analisi dei bilanci delle 16 compagnie
quotate in Italia, realizzata dalla Banca Steinhauslin in collaborazione
con lo studio Landi & Partners.
A trascinare lo sviluppo del settore è il ramo Vita, il
cui peso sull'intero portafoglio è passato dal 49,3% al 58,5%,
realizzando il sorpasso storico sul comparto Danni.
I premi del settore Danni sono, a loro volta, aumentati del 7,3%,
attestandosi a quota 25.113 miliardi, con una flessione relativa
per quanto riguarda la r.c. Auto, passata da 24,9 al 21,2% del totale.
Le attività Vita, trascinate dalle performance del canale
distributivo bancario, hanno superato la soglia dei 35.000 miliardi,
facendo registrare un tasso di crescita del 56% sul primo semestre
del 1998 (che aveva avuto un incremento del 49,9% rispetto al '97).
È l'attività di bancassurance la vera gallina dalle
uova d'oro del settore, che ha chiuso il semestre con un utile netto
di oltre 2.670 miliardi, in crescita del 49,8% sullo stesso periodo
del precedente esercizio. Le polizze vendute allo sportello rappresentano
ormai il 55% e, considerando i premi di nuova produzione, la loro
penetrazione è salita al 71%. In questo nuovo contesto si
riduce progressivamente la quota del canale tradizionale di distribuzione
rappresentato dagli agenti.
Il mercato assicurativo, dunque, oggi, in Italia, appare in decisa
evoluzione, ma ancora troppo poco sviluppato.
L'operazione Generali - Ina ha dato un'accelerata al processo di
cambiamento in atto. Il gruppo di Trieste, infatti, ha consolidato
la sua leadership in Italia dove ha raggiunto una quota del 26%,
lanciando una sfida ad un settore che ha ancora diversa strada da
percorrere per coprire le distanze che lo separano dai principali
partners Europei. Distanze che attengono sia alle dimensioni del
mercato, sia alla struttura delle imprese.
Il gruppo Generali oggi detiene una quota di mercato più
alta di quella di Axa in Francia (15%) e di Allianz in Germania
(17%) ed è nella classifica dei big europei, conquistando
il terzo posto TAB.
In valore, tuttavia, la raccolta del maggiore gruppo italiano è
inferiore rispetto a quella dei maggiori concorrenti europei e il
mercato italiano presenta, nel suo complesso, ancora dimensioni
modeste.
È vero che recentemente si è registrata un'accelerata
dei tassi di crescita, favorita sostanzialmente dalla brillante
performance del Vita, il cui peso sul portafoglio complessivo ha
superato il ramo danni, ma appare ancora marcato il divario con
altri mercati (nonostante l'incremento medio annuo del 6,6%).
Con una raccolta premi pari a circa 100 miliardi di lire, il contributo
del settore assicurativo al Pil supera infatti di poco il 4%. Un'incidenza
pari ad un terzo rispetto a quella del Regno Unito (11,2%), alla
metà circa della Francia (9,3%) e due punti sotto la Germania
(6,5%). Il confronto è vinto solo con la Spagna esclusivamente
se si considera l'importo del premio pro-capite (830 dollari a fine
'97 contro 726).
Se si considera la domanda, la scarsa propensione dimostrata dalle
famiglie italiane ad aprire un ombrello assicurativo privato si
spiega con la storica copertura che, almeno finora, lo Stato sociale
ha garantito ai bisogni previdenziali e sanitari. Se, invece, si
considera il versante dell'offerta, si nota che le compagnie, salvo
poche eccezioni, hanno dimostrato uno scarso orientamento al mercato,
una conoscenza limitata dei propri clienti e ridotte capacità
di proporre prodotti e servizi in grado di incentivare la domanda.
Il sistema assicurativo italiano è peraltro caratterizzato
da un'elevata frammentazione. I primi cinque gruppi (Generali -
Ina, Allianz Ras, Fondiaria, Sai, Toro) concentrano il 55% circa
dei premi diretti ed indiretti del mercato italiano; seguono, poi,
più di cento piccole compagnie che contribuiscono con appena
il 10% alla raccolta del totale.
Oltretutto, nell'ultimo decennio si è assistito ad un aumento
numerico delle compagnie italiane e ad una loro riduzione della
dimensione media. Dall'inizio degli anni 90 - come spiega il recente
rapporto di Value Partners - le imprese assicuratrici italiane sono
cresciute di 9 unità, quelle tedesche sono diminuite di 80
e quelle francesi di 148. Nello stesso arco di tempo, la dimensione
media delle compagnie italiane, pur partendo da valori sostanzialmente
omogenei rispetto a quelli di altri Paesi europei (intorno ai 120-130
milioni di dollari), è andata via via riducendosi (oggi è
il 60% di quella francese e l'80% di quella tedesca). Di conseguenza
la dimensione media delle compagnie europee, a differenza di quanto
si è verificato in Italia, è cresciuta molto più
del mercato.
In realtà qualcosa sta muovendosi nello scenario italiano,
tra integrazioni e acquisizioni. Molta strada resta da fare; quello
dimensionale non è un problema da poco: la scala favorisce
sinergie sul fronte delle professionalità, capacità
d'investimento in tecnologie ed innovazione, maggiore efficienza.
Basti, ad esempio, pensare all'indice di produttività: l'importo
medio dei premi per addetto è pari a 350.000 dollari in Italia,
la metà circa rispetto al valore gestito in Francia e in
Germania, con un divario che è andato accentuandosi nel corso
dell'ultimo decennio.
Secondo gli ultimi dati forniti dall'Isvap e dall'Ania, il ramo
r.c. auto negli ultimi anni è stato sempre in perdita. In
particolare nel 1999 il risultato del conto tecnico è stato
negativo per 3.752 miliardi, che scendono a 3.302 miliardi tenuto
conto del saldo della riassicurazione, con un'incidenza sui premi
del 12,9% (nel 1998, invece, si è registrato un saldo negativo
di 3.368 miliardi pari a meno 14,8 punti percentuali rispetto ai
premi, che si riduce a 2.850 miliardi se si considerano le riassicurazioni).
Secondo le associazioni dei consumatori, vi sarebbe un rapporto
di proporzionalità diretta tra l'entità delle perdite
e l'incremento delle riserve che, a partire dalla liberalizzazione,
sarebbe pari in media al 5% annuo: gli assicuratori, infatti, aumenterebbero
arbitrariamente le riserve per lucrare i rendimenti che ne derivano.
Secondo l'Ania, invece, l'entità delle riserve sarebbe rigidamente
parametrata alle prescrizioni legislative e alle dettagliate disposizioni
dell'Istituto di vigilanza che impongono la congruità delle
riserve. Inoltre, l'Isvap, tra il 1994 e 1998, ha verificato, con
riferimento ad alcune imprese, rilevanti inadeguatezze nelle iscrizioni
dei debiti di bilancio; in particolare sono state verificate delle
insufficienze di riserva.
Per la delicatezza della questione al riguardo è intervenuta
anche l'Autorità antitrust, preoccupata dal crescente e costante
aumento delle riserve sinistri. Il Presidente dell'Autorità,
durante alcune audizioni, non ha mancato di sottolineare l'eccessiva
discrezionalità delle imprese nella stima dei sinistri posti
a riserva, in considerazione della forte incidenza di tale componente
nella determinazione delle tariffe.
È da considerare che l'aumento del costo medio dei sinistri
è passato dai 3.049.000 del 1994 ai 4.402.000 del 1998, con
un incremento pari al 44,37%. Il fattore che maggiormente ha inciso
su tale aumento è stato il costo medio dei sinistri con danni
personali, vale a dire il danno biologico ed il danno morale. Infatti,
il numero dei sinistri con danni alla persona ha raggiunto nel 1998
il 17% del totale dei sinistri denunciati rispetto a quello del
9% registrato nel 1994. In termini di somme liquidate, i danni alla
persona hanno raggiunto il 53,5% dell'importo totale dei risarcimenti.
Va sottolineato che i criteri di riconoscimento del danno biologico
hanno registrato ad oggi difformità e variabilità
tra le diverse aree territoriali del paese, dal momento che gli
organi giurisdizionali hanno adottato ciascuno proprie tabelle valutative
dei punti di invalidità.
Questa è sicuramente una situazione inaccettabile ed iniqua.
Risulta, dunque evidente un maggior chiarimento e perfezionamento
del disegno di legge governativo, relativo alla definizione dei
parametri quantitativi per il risarcimento del danno biologico.
Per cercare di capire meglio il fenomeno degli aumenti delle tariffe
r.c. auto, e delle varie componenti che incidono su di esso, appare
utile soffermarsi su come viene determinato tecnicamente il premio
assicurativo.
Il prezzo, secondo una definizione più generale, rappresenta
la valorizzazione dell'offerta complessiva dell'impresa, definita
da tutti gli elementi di prodotto, di servizio e di comunicazione
utilizzati per portarla nella sfera di disponibilità del
cliente e occupa una posizione centrale nel processo di scambio,
assumendo diversi significati per gli attori presenti sul mercato.
Il problema della determinazione e dell'amministrazione dei prezzi
di vendita assume, quindi, un ruolo importante nell'elaborazione
del programma di marketing, in quanto il fattore prezzo rimane quello
su cui, in definitiva, si impostano le comparazioni finali dei consumatori.
Peraltro, per prodotti difficilmente differenziabili sotto il profilo
qualitativo o psicologico (quali quelli assicurativi), la leadership
di costo (2) e, quindi, il fattore prezzo, rappresenta la strategia
competitiva vincente.
La determinazione dei prezzi, in pratica, avviene attraverso un
complesso processo basato su elementi di conoscenza, di esperienza
e, soprattutto, di politica generale dell'impresa, mirate alla definizione
delle soluzioni da adottare; tutto ciò si concreta nell'individuazione
dei possibili margini di manovra del prezzo e nella determinazione
di una quotazione compatibile con gli obiettivi di mercato da raggiungere.
Tra gli elementi che contribuiscono alla formazione del premio
(oltre al premio puro e caricamenti) un'attenzione particolare merita
quella delle imposte e tasse: se scomponiamo, ad esempio, il premio
di un milione versato dall'assicurato annualmente per la sola copertura
della responsabilità civile, si rileva che: 190 mila se ne
vanno in tasse o contribuzioni che vengono intascate dallo Stato;
delle residue 810 mila, di pertinenza della compagnia, 32 mila circa
(pari al 4%) confluiscono nel Fondo vittime della strada, 154 mila
(pari al 19%) viene utilizzato per la gestione delle polizze, ed
il residuo 624 mila (il 77%) servirebbe a pagare i sinistri e le
spese ad essi connesse. Se ci riferiamo ai nostri concorrenti europei
possiamo rilevare che sono indubbiamente più elevati gli
oneri fiscali diretti (12,50%) ed indiretti (10,50%) collegati ai
premi; occorre ricordare, inoltre, che negli oneri fiscali indiretti
è compreso il contributo al servizio sanitario nazionale,
che già nel '97 era del 6,50%. Con l'introduzione dell'Irap
questi contributi dovevano sparire, ed invece sono aumentati per
gli assicurati del 4%. Ancorché considerato provvisorio,
questo contributo continua misteriosamente a rimanere, generando
così un'entrata per le casse dello Stato per il 2000 stimato
in oltre 6.000 miliardi.
Potrebbe apparire, allora, un interesse dello Stato a porre poca
attenzione al problema dei rincari tariffari, peraltro preannunciati.
Su questo argomento, recentemente, il più venduto quotidiano
d'Italia titolava così un articolo: "Il sinistro è
lo Stato".
Detto ciò, la manovra sul prezzo (per quella parte di pertinenza)
non è molto considerata dalle compagnie, tant'è che,
quando i volumi di vendita aumentano notevolmente, abbassando il
punto di equilibrio, i premi non vengono ridotti. Tale manovra trova
una sua ragion d'essere solo in due casi: quando, dalla comparazione
con i premi delle polizze dei concorrenti che offrono le medesime
garanzie, risulta un premio troppo alto; ovvero quando il cliente
appartiene al segmento imprese ed è in grado, quindi, di
valutare attentamente il premio, indipendentemente dalla comparazione
con i servizi offerti dalle altre imprese.
La determinazione delle tariffe deve tener conto dei seguenti fattori:
- la selezione dei rischi, consistente nell'applicazione di tariffe
differenti per diverse categorie di rischi, nell'ambito dello stesso
ramo. Considerando lo stesso tipo di rischio, si possono differenziare
le tariffe in base alla "bontà" del rischio (attenta
valutazione dello stesso) (3);
- la territorializzazione delle tariffe, in funzione della diversa
sinistrosità riscontrata nelle varie aree geografiche prescelte.
È ciò che si applica nel ramo auto dove, sul rischio
furto, vengono praticate tariffe differenti a seconda della provincia
di residenza dell'assicurato (4);
- la gestione dei sinistri, volta a ridurne l'entità nelle
fasi di valutazione e liquidazione. In quest'ultimo caso, occorre
una valutazione attenta dei capitali da assicurare e delle franchigie
da applicare.
Una precisazione su tale punto appare indispensabile: le statistiche
sulle percentuali di sinistri che tanto incidono sui costi delle
compagnie e, per riflesso, sulla determinazione delle tariffe, dimostrano
che il fenomeno è in crescita in tutto il territorio nazionale;
nell'analizzare i dati Istat (elaborati dalla stessa Isvap) riguardanti
alcune province, in merito al contemporaneo incremento del numero
dei sinistri e dei costi, si evidenzia che il fenomeno non è
circoscritto solo ad alcune città, quali ad esempio Napoli
(e la Campania), infatti notiamo che Novara evidenzia rispettivamente
+51,2% e +70,3%; Bolzano +18% e +43%; Belluno +46,1% e +38,4%; Pisa
+68% e +67,3%; Sassari +53% e +29%; Napoli +33,8% e +13%; Salerno
+15,5% e +34%.
È intuibile, dunque, che i limiti di manovra sul prezzo
vengono determinati sulla base di elementi interni (costi) ed esterni
(domanda e concorrenza), anche se, in certi casi, questi limiti
potrebbero non essere rispettati.
Nelle attuali condizioni di mercato, caratterizzato da un'accesa
concorrenza, soprattutto internazionale, la determinazione del prezzo
dei prodotti assicurativi dovrebbe essere fondata sul "valore"
attribuito al prodotto da parte del cliente, più che sul
confronto rispetto ai prezzi praticati dai concorrenti diretti.
La possibile manovra sul prezzo, in pratica, dipende da molti fattori,
quali la "concorrenza reale" (cioè la presenza,
nel mercato, di prodotti con caratteristiche similari a quelle del
prodotto considerato); la "concorrenza potenziale" (ossia
la possibile entrata di altri produttori, una volta superate certe
soglie di prezzo); la "concorrenza indiretta" (cioè
la minaccia di prodotti sostitutivi); il "grado di differenziazione"
(del prodotto rispetto alla concorrenza); la "qualità
del servizio".
Per giungere alla scelta della politica aziendale di prezzo, tenuto
conto delle strategie competitive applicabili, occorre necessariamente
effettuare alcuni passaggi fondamentali, quali la scelta di obiettivi
di mercato da raggiungere mediante lo strumento dei prezzi stessi,
la definizione del livello generale dei prezzi da adottare e, infine,
la determinazione delle relazioni tra i prezzi dei prodotti assicurativi,
consistente nello stabilire i cosiddetti "differenziali"
di prezzo.
La politica di prezzo si concretizza, dunque, nella formulazione
del "sistema" dei prezzi da applicare per i prodotti in
portafoglio e nell'amministrazione delle tariffe praticate alla
clientela (5).
Tra gli obiettivi primari di una possibile politica tariffaria
attuata dalle compagnie assicurative emerge, sempre di più,
la prospettiva della personalizzazione tariffaria.
Dal punto di vista dell'utilizzo, a fini tariffari, delle variabili
di personalizzazione tariffaria, devono essere valutati i seguenti
profili: significatività (ossia l'importanza delle variabili
per la determinazione del premio puro); attendibilità (ossia
l'univocità di determinazione e identità tra dato
rilevato e realtà del rischio); disponibilità (ossia
l'effettiva presenza e qualità sulle banche dati di compagnia)
(6).
La liberalizzazione tariffaria (7) pone nuovi problemi e, soprattutto,
nuove opportunità, sia ai clienti che alle imprese assicuratrici.
Le imprese sono sollecitate a perseguire strategie basate sulla
diversificazione tariffaria sempre più improntate alla personalizzazione
(introdotta nella formazione del premio). Benché, per la
prima tariffa libera (1994), tutte le imprese assicuratrici (a parte
alcune, tra le più rappresentative) si sono limitate ad utilizzare
i parametri tradizionali della tariffa ministeriale, in seguito,
a questi sono stati affiancati altri elementi (oggettivi e soggettivi),
da tempo considerati in altri Paesi europei ed extraeuropei (8).
L'avvento della liberalizzazione tariffaria nelle r.c. auto, è
stato accompagnato dal fenomeno della crescita dei premi (9) cui
non ha fatto riscontro, invece, un miglioramento del servizio in
termini di liquidazione dei sinistri.
Per quanto concerne le politiche dei prezzi, l'utilizzo tradizionale
di tale leva, ai fini della penetrazione del mercato o della scrematura
della clientela, appaiono poco praticate e praticabili dalle compagnie.
Viceversa è interessante cogliere, analizzando il comportamento
delle stesse, l'utilizzo dello strumento prezzo ai fini di una politica
di personalizzazione dell'offerta.
A parte i tradizionali parametri relativi all'area geografica,
alle caratteristiche del veicolo ed alla verifica a posteriori con
il sistema bonus/malus, va diffondendosi l'uso di altri indicatori:
età, sesso, professione, anzianità della patente,
età del veicolo, stato civile, tipi di carburante, chilometri
annualmente percorsi, uso in famiglia di più auto, ecc.
Questi elementi di personalizzazione (nel complesso, sono 25 i
parametri presi in considerazione) sono adottati dalle compagnie
in maniera diversa, e ciò comporta un più equo rapporto
tra la copertura assicurativa (calibrata sulle effettive esigenze
dell'assicurato) e la sua reale situazione di rischio ed il relativo
premio (10).
La liberalizzazione tariffaria, in sostanza, comporterebbe dei
cambiamenti anche per l'assicurato, fornendogli l'opportunità
di individualizzare le proprie condizioni di automobilista e soddisfacendo
le proprie esigenze con l'applicazione di un'assicurazione personalizzata
(e non più standard).
Il risultato di questa liberalizzazione tariffaria, in ogni caso,
si traduce in condizioni più favorevoli per l'assicurato,
dalle quali ottenere maggiori soddisfazioni.
Se andiamo ad analizzare ciò che sta avvenendo negli altri
paesi, soprattutto quelli europei, notiamo che addirittura, a differenza
dell'Italia, la effettiva e spietata concorrenza delle assicurazioni
dirette ha avuto conseguenze drammatiche per il ramo r.c. auto.
La liberalizzazione a livello internazionale del mercato assicurativo
non ha mancato di avere effetti negativi.
Ad esempio anche in Germania, soprattutto nel ramo della r.c. auto,
la spietata concorrenza delle assicurazioni telefoniche, che per
via dei costi sensibilmente più bassi hanno potuto praticare
polizze a prezzi dumping, ha avuto effetti negativi sulle altre
compagnie. Pur di non perdere la sua quota di mercato, la numero
uno del settore, l'Allianz, ha risposto alla sfida delle nuove concorrenti
con una drastica riduzione delle sue tariffe, iniziando così
una rincorsa al ribasso di tutto il settore.
Si è arrivati al punto, così facendo di dover ricorrere
ad una serie di misure e ristrutturazioni poiché, dopo anni
di perdite notevoli, la guerra dei prezzi sembra essere terminata,
dal momento che il costante aumento dei costi e degli indennizzi
seguitava a causare bilanci in rosso. Le società stanno ora,
tra l'altro, lavorando insieme ad una serie di provvedimenti e,
soprattutto, ad una ristrutturazione delle tariffe dell'organizzazione
e della prevenzione, per cercare di ottimizzare i costi e recuperare
i margini di guadagno.
Gli sviluppi internazionali, alla luce di quanto sinora esposto,
fanno emergere che molto richiesti appaiono i cosiddetti "prodotti
multiline".
Si tratta di raccogliere in un unico contratto, tutta una serie
di prodotti dei diversi segmenti assicurativi, tenendo conto delle
esigenze individuali. Per le società assicuratrici le conseguenze
di questo trend sarebbero di fatto negative, in quanto tali raggruppamenti
provocano da una parte un'inflazione del capitale di copertura ed
un notevole ampliamento del suo raggio, dall'altro comportano una
riduzione dei premi considerati per i singoli rami.
Per combattere il negativo andamento del settore, le compagnie
stanno cercando di fare pressione su Bruxelles, al fine di ottenere
un inasprimento della normativa anche sulla responsabilità
civile.
In vista dei prossimi cambiamenti, le compagnie europee "evolute"
del settore stanno preparando, oltre ad una serie di nuovi prodotti,
anche una diversa classifica delle tariffe.
Ed allora, in definitiva, la creazione di punti di riferimento
certi, dal punto di vista della tariffa r.c. auto, sarebbe un vantaggio
sia per il consumatore - perché contribuirebbe ad un'equa
valutazione del rischio ed alla sicurezza di prestazione del servizio
- sia per il sistema dell'offerta - perché contribuirebbe
alla stabilità del mercato ed alla concentrazione della competizione
e delle risorse aziendali sull'efficienza e qualità del servizio.
Da ciò deriva che la creazione di una tariffa tecnica ottimale
"di riferimento" è subordinata alla quantità
e qualità delle risorse tecnologiche, professionali e, soprattutto
dei dati disponibili.
Aggiungo inoltre che liberalizzare il solo prezzo, lasciando il
resto immutato, puo' comportare una concertazione tra le imprese
interessate. La liberalizzazione o la si fa o non la si fa. E se
si decide di farla va fatta sino in fondo.
La possibilità di creare, quindi, alla stregua di altri
paesi, una struttura di rating articolata su basi consortili e allargata
alla più vasta quota di mercato possibile, consentirebbe
anche alle piccole e medie compagnie di superare il gap competitivo
costituito dalla limitatezza delle proprie risorse informative,
favorendo così la creazione ed il mantenimento di un mercato
stabile e competitivo.
Appare, dunque, evidente l'esigenza di una effettiva applicazione
dei princìpi di trasparenza, in un settore, quale quello
assicurativo, caratterizzato essenzialmente da un rapporto di fiducia
tra due soggetti.
Un'analisi effettuata sul settore assicurativo ha evidenziato che
i consumatori esercitano una ridotta influenza sulle scelte strategiche
delle compagnie di assicurazione; da ciò il disinteresse
delle imprese a migliorare la propria offerta.
Si manifesta, così, un'elevata fedeltà alla compagnia
di assicurazione da parte del consumatore, con pochi utenti che
cercano condizioni contrattuali migliori sul mercato.
Appare condivisibile, pertanto, la spiegazione data dall'Antitrust,
secondo cui tali comportamenti sono motivati dalle difficoltà
tecniche del prodotto che rendono estremamente complicato il confronto
tra le diverse offerte.
Inoltre, risulta che il consumatore non può prestare la
dovuta attenzione alla qualità del servizio al momento della
scelta dell'impresa di assicurazione, in quanto detta qualità
non è conoscibile fino al verificarsi del sinistro.
A tal proposito va ricordato che il Ministero dell'industria, commercio
e artigianato è intervenuto con un'apposita disposizione,
contenuta in un disegno di legge, attualmente in discussione in
Parlamento, riguardante l'assicurazione r.c. auto.
La finalità è quella di garantire la trasparenza
e la concorrenza tra le imprese, imponendo a queste ultime l'obbligo
di rendere noto all'utenza il premio annuale per le polizze r.c.
auto, calcolato dalle imprese medesime, per tre profili tariffari
e per ciascuna provincia italiana.
Occorre, inoltre, precisare che le difficoltà dell'utenza
nel riconoscere facilmente le caratteristiche di differenziazione
dei prodotti assicurativi, derivano anche dal fatto che molti dei
servizi resi sono comuni alle diverse imprese presenti sul mercato,
poiché queste partecipano a numerosi accordi di fornitura
di determinati servizi, producendo l'effetto di omogeneizzare il
servizio stesso. Si tratta, in particolare, della convenzione indennizzo
diretto (c.d. CID), dell'accordo tra imprese assicuratrici e carrozzieri,
dell'accordo sulla pluralità dei danneggiati, dell'accordo
sui sinistri catastrofali, degli accordi con i periti e con i consumatori
per la definizione delle clausole contrattuali standard e delle
procedure di liquidazione.
Sembrano ancora meritevoli di considerazione le osservazioni dell'Autorità
garante, che ha rilevato:
- l'importanza dell'assicurazione r.c. auto, quale prodotto differenziato,
che richiede una personalizzazione dei premi; puntare l'attenzione
solo sugli aspetti tariffari potrebbe indurre, infatti, il consumatore
a scegliere una polizza poco adatta alle proprie esigenze. Esiste,
inoltre, il rischio che un obbligo di comunicazione delle tariffe
possa favorire un coordinamento del livello delle stesse, ovvero
occorre considerare l'esistenza del rischio che tale misura risulti
di limitata utilità atteso l'elevato numero dei profili tariffari;
- la comunicazione sistematica delle condizioni contrattuali e
di tariffa potrebbe porsi in contrasto con la direttiva comunitaria
sull'assicurazione danni, recepita nel nostro ordinamento con il
D.L.vo 175/1995, che vieta la preventiva approvazione o la comunicazione
sistematica delle condizioni generali e speciali delle polizze di
assicurazione e delle tariffe (artt. 6 e 29 della direttiva 92/49/Cee).
Il settore assicurativo presenta uno scarso livello di concorrenza
tra le imprese, le quali manifestano una notevole staticità
a causa della mancanza di innovazione dei prodotti, a tutto svantaggio
dei consumatori.
È emerso che a fronte degli aumenti tariffari r.c. auto,
non vi è stato un aumento altrettanto generalizzato della
qualità del servizio, inteso come assistenza all'assicurato
prima e dopo la vendita del prodotto assicurativo, una diffusione
su tutto il territorio di idonee strutture per la liquidazione dei
sinistri, una maggiore velocità della stessa liquidazione
dei sinistri stessi.
Si è, invece, registrata una riduzione delle garanzie assicurative,
avendo le imprese introdotto, accanto alle clausole di esclusione
e rivalsa regolamentate dal codice della strada e preesistenti la
liberalizzazione, altre limitazioni alla copertura assicurativa,
quali la rivalsa in caso di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto
di sostanze stupefacenti.
Inoltre si è registrato un livello di personalizzazione
delle tariffe nel ramo r.c. auto molto marginale. Questo elemento
appare un indice del cattivo funzionamento della concorrenza nel
settore, posto che la personalizzazione delle polizze, ed in genere
la tendenza delle imprese ad individuare strumenti o condizioni
contrattuali per differenziare i propri prodotti, dovrebbe rappresentare,
accanto al contenimento dei costi di gestione, uno dei principali
strumenti di concorrenza tra le imprese. La personalizzazione, infatti,
risponde alla necessità di selezionare il rischio e di erogare
servizi sempre più conformi al livello di rischiosità
del cliente.
Si evince, ad esempio, che tutte le imprese applicano la classe
di merito della formula bonus-malus al veicolo e non al contraente.
Questo penalizza in maniera ingiustificata soprattutto quei clienti
che acquistano una nuova autovettura, senza vendere la precedente.
Questi clienti dovranno assicurarsi pagando un premio corrispondente
alla classe bonus-malus di ingresso che può essere superiore
alla classe raggiunta dal vecchio veicolo. Al riguardo, sarebbe
importante considerare la tipologia di veicolo, anche sulla base
di rilevazioni statistiche che consentano di valutare il grado di
rischiosità di ciascuna tipologia. Sarebbe, pertanto, necessario
collegare l'assicurazione al conducente piuttosto che al veicolo,
allo scopo di evitare che l'assicurato venga collocato in una classe
di rischio, indipendentemente dalla sua condotta precedente.
Altro indice di scarsa concorrenza è rappresentato dall'attuale
sistema di distribuzione che caratterizza l'intero settore assicurativo.
Va da sé che una riduzione del grado di esclusiva nella
distribuzione dei prodotti assicurativi auto avrebbe benefici sulla
concorrenza e potrebbe costituire un presupposto sulla riduzione
dei premi.
Da quanto sopra esposto appare evidente che gli aumenti tariffari,
concernenti le polizze r.c. auto, sono determinati, a detta delle
imprese assicuratrici, dai notevoli costi sostenuti per il risarcimento
danni, e che quindi il fabbisogno tariffario determinato dall'assicuratore
deve essere sufficiente a mantenere in equilibrio la gestione tecnica;
ciò perché si mette a repentaglio la solvibilità
dell'impresa a danno degli stessi assicurati, dei terzi danneggiati,
e nei casi più gravi di liquidazione coatta amministrativa
dell'impresa, dell'intero sistema su cui alla fine vengono ripartiti
i costi del fallimento.
La persistente situazione negativa in cui versa il ramo r.c. auto,
risente di molteplici fattori e soprattutto dell'aumento del costo
medio del danno, del numero di sinistri con danni alla persona e
del crescente numero delle frodi.
Per quanto riguarda l'aumento del costo di danni, oltre ad un incremento
delle componenti del danno materiale (prezzi dei ricambi e costi
di manodopera degli autoriparatori), si continua a registrare una
consistente lievitazione dei costi a fronte dei risarcimenti dei
danni alla persona.
In termini economici l'esborso per tali ultimi danni ha ormai superato
di gran lunga il 50% del totale degli indennizzi corrisposti dagli
assicuratori, per una cifra che va oltre i 10 mila miliardi.
Inoltre, va segnalato che oltre alle frodi perpetrate dalle organizzazioni
della malavita organizzata o da improvvisate associazioni a delinquere,
il settore dell'assicurazione r.c. auto è particolarmente
colpito da una miriade di comportamenti disonesti posti in essere
direttamente da danneggiati e assicurati, in alcuni casi con l'ausilio
degli "addetti" in senso lato.
Numerose, ma che nella sostanza però registrano ancora scarso
successo, sono state le iniziative prese da più parti: l'Ania,
ad esempio, al fine di fronteggiare il fenomeno, si è dotata
di un'apposita struttura dedicata all'attività di prevenzione
e repressione delle frodi, di studio ed analisi delle problematiche
inerenti, nonché di ricerca e cura di rapporti con Organi
istituzionali, in particolare mediante raccolta di informazioni
circa qualsiasi distorsione accertata o presunta, approntamento
di denunce-querele, contatti con l'Autorità giudiziaria e
con le Forze dell'ordine.
Rimane, inoltre, il problema di quella area di persone, che al
momento del sinistro si fanno prendere dalla voglia di lucrare sull'assicurazione,
a danno delle compagnie prima, ed in ultima istanza della collettività.
Per questo tipo di criminalità bisogna diffondere la cultura
della legalità, in tutti i modi possibili ed a tutti i livelli,
con convegni e conferenze, costatando che le frodi oltre a danneggiare
gli assicuratori, comportano soprattutto dei danni a tutti gli onesti
assicurati, aggravando i premi.
Note
Tratto da "Il Sole 24 Ore".
La leadership di costo si concretizza,
in generale, nella possibilità di praticare prezzi più
bassi della concorrenza, sfruttando i minori costi di produzione
e di vendita.
Ad esempio, se si vuole assicurare
un'impresa edile sul rischio r.c., potrebbe risultare determinante,
nella valutazione del rischio, il suo operare in una zona sismica,
al punto che la compagnia potrebbe decidere di non assumere il rischio
(rischio indesiderabile).
Ad esempio, per le grandi città
quali Milano, Napoli e Roma, dove i furti d'auto sono i più
numerosi in assoluto a livello nazionale, le tariffe inerenti la
garanzia furto risultano essere più care rispetto ad altre
città, quali Isernia o Bolzano, ove tale rischio risulta
inferiore.
Un costante e assiduo monitoraggio
e controllo delle tariffe assume un ruolo primario nella vita dell'impresa,
per ragioni di marketing aziendale, dati i riflessi diretti esercitati
sui risultati economici e finanziari della gestione.
In assenza parziale di dati su talune
variabili di personalizzazione, è necessario calcolare e
comunicare al cliente il premio personalizzato nelle condizioni
più sfavorevoli, salvo poi procedere alla rettifica dell'atto
dell'acquisizione delle informazioni mancanti.
L'effetto delle recenti direttive
comunitarie, che ha liberalizzato la prestazione dei servizi e,
di conseguenza, delle tariffe, tracciano un diverso quadro normativo
per le assicurazioni europee più focalizzato sulle necessità
del mercato assicurativo.
Senza, con questo, voler giungere
all'esagerazione statunitense che, in alcuni casi, va a considerare
parametri a dir poco originali, quali, ad esempio, il colore dell'auto:
se è rossa si paga di più, poiché ciò
denoterebbe nel guidatore un'indole agonistica!
Dovuto anche ad un necessario "allineamento"
alle tariffe applicate negli altri Paesi aderenti alla Comunità
europea.
In particolare, l'esperienza delle
principali compagnie (le 11 che raccolgono più del 50% dei
premi dell'intero mercato r.c. auto italiano) è concentrata
sull'età del proprietario, con una diversificazione per classi,
per età (personalizzazioni relative ai più giovani,
da un minimo del 5% ad un massimo del 25%), per sesso, per tipo
di auto (diesel oppure no), per professioni. Sono, invece, ancora
poche le imprese che differenziano sulla base delle dotazioni di
sicurezza del veicolo.
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